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«È vero, la porta è proprio rossa.»
Era impossibile non notare quell’enorme portone laccato rosso porpora. Tutto il palazzo era abbastanza originale. Aveva un’aria orientale, non inusuale per una città come Venezia ma, tutto sommato, molto diverso dagli altri. Leni si decise a suonare il campanello.
La donna che le aprì era originale almeno quanto il palazzo in cui viveva.
«Buongiorno.»
Leni si presentò alla signora dai capelli rossi e riccissimi sul cui viso spiccavano due meravigliosi occhi turchesi. Le rughe sottili e diffuse che le segnavano la pelle, sottolineavano la sua non più giovane età.
«Molto piacere. Io sono Tiziana Corsetti Magri. Prego, mia cara, si accomodi» replicò la donna con un radioso sorriso.
«Oh!» non poté fare a meno di esclamare Leni alla vista dell’arredamento del palazzo. Lo stile era particolarissimo, un misto tra cinese e arabo, perfettamente intonato al caftano di seta variopinto indossato dalla signora.
«Non vorrei disturbarla» esordì Leni, «sono una giornalista americana e sto scrivendo un articolo sulle ville maledette di Venezia.»
«Capisco» rispose sorridente la signora mentre si dirigeva, seguita da Leni, verso un salone altrettanto orientaleggiante.
«Prego, si accomodi.»
Leni prese posto sull’ampio divano ricoperto da teli di seta colorati ed osservò meglio la stanza. Il dragone era raffigurato in tutte le forme possibili e immaginabili, non solo sulle stoffe ma anche sulle statuette e nei mille gingilli che affollavano, più che arredare, la stravagante casa della signora Corsetti che, stravagante quanto la sua casa, si era comodamente adagiata sul divano sorridendole amichevolmente.
«Se si parla di ville maledette, allora è decisamente nel posto giusto. Palazzo Corsetti è infestato da fantasmi di ogni genere.»
Leni non poté trattenere un sorrisetto ironico che la signora Corsetti colse immediatamente.
«Ah, capisco, lei non crede a una parola.»
«Io, veramente…»
«Non importa sa? È perfettamente superfluo che lei ci creda o meno. Il suo scetticismo non cambia la realtà.»
«È vero, mi dispiace, non credo né ai fantasmi né alle maledizioni. Però sono una brava giornalista e cerco di essere oggettiva. Per questo sono qui. Per raccogliere ogni tipo di testimonianza.»
«Molto bene, allora mi ascolti con attenzione. Come le dicevo, questo palazzo ospita parecchi fantasmi, spiriti che non riescono a passare oltre. Sono anime dannate, per usare un termine che non amo ma che calza a pennello per descrivere la loro situazione. Sono tutti morti in modo violento oppure hanno condotto un’esistenza particolarmente travagliata, se vogliamo usare questo termine. Molti di loro sono spiriti malvagi. Io non li giudico ma non posso fare a meno di essere molto rattristata dal loro destino.»
Leni ascoltava in silenzio.
«Diceva che si tratta di anime dannate?»
«Esatto. La loro punizione, mi perdoni i termini che non rendono con esattezza l’idea, consiste nel vivere una specie di vita senza un corpo fisico. Essi però provano desideri e vivono emozioni proprio come quando erano in vita. Un vero supplizio senza fine. Ehi! Ciao Merlino, ben arrivato!»
Un enorme gatto siamese a pelo lungo era balzato sulle ginocchia della donna e, mentre si faceva accarezzare, fissava Leni con i suoi magnetici occhi di un azzurro intenso.
«È bellissimo, io adoro i gatti.»
«Potrei dirle che Merlino è un gatto magico ma non lo farò, visto che non mi crede.»
Lo sguardo ironico e divertito di Tiziana Corsetti illuminò il suo viso e Leni non poté fare a meno di provare una grande simpatia per lei.
«Ne ha le physique du rôle però, lo riconosco» dichiarò Leni, quasi dispiaciuta di deludere quella signora così simpatica.
Risero.
Casanova osservava le due donne attorniato da altri spiriti. Appena udito che Leni non credeva alla loro esistenza, questi si erano dati subito un gran daffare per dimostrarle il contrario con il consueto sconsolante risultato. Niente si mosse. Casanova sorrise con l’aria di chi la sa lunga.
«Che ti porta qui Casanova?» lo apostrofò con aria aggressiva un uomo dall’apparenza grossolana.
Pietro Bartolo era stato famoso per il suo carattere irascibile e per le risse che ne scaturivano, l’ultima delle quali gli fu drammaticamente fatale.

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