PUNTATE PRECEDENTI

All’ultimo piano di palazzo Stolkoff, intanto, c’era del movimento. Un movimento invisibile ma molto reale perché palazzo Stolkoff, come molti altri antichi palazzi, era diventato la dimora di alcuni fantasmi la cui morte, tragica e violenta, li teneva legati in qualche modo a quel luogo per l’eternità.
«È arrivato qualcuno!» esclamò un ragazzino che non poteva avere più di dodici anni. Era vestito alla marinara, con i pantaloni corti e una maglia con la pettorina sulla schiena. Avrebbe dovuto avere anche un cappello ma non riusciva mai a trovarlo.
«Bepi, che dici?» gli rispose una vezzosa signorina abbigliata secondo la moda del 1750, «qui non viene mai nessuno.»
«Eppure adesso qualcuno c’è. Anzi, qualcuna, è una fanciulla» rispose Bepi, senza staccare gli occhi dalla finestra.
«Ah sì?»
La voce, vellutata e profonda, che ruppe la conversazione tra i due, proveniva da un angolo buio della stanza.
«Bepi ha ragione. Direi che sembra anche molto bella» commentò a sua volta, con voce leggermente impostata, un uomo alla finestra, elegantissimo nel suo completo bianco, con i capelli scuri, corti e lisci, separati da una scriminatura laterale. Una sorta di Rodolfo Valentino, a giudicare dall’aspetto.
«Adriano, voglio fidarmi del tuo buon gusto.»
La figura che emerse dal buio apparteneva a un giovane uomo che indossava un raffinato vestito di broccato, adorno di pizzi e merletti. Il viso, decisamente bello, era incorniciato da riccioli castani, trattenuti dietro da un nastro di velluto nero e, benché ostentasse modi disinvolti e indifferenti, i suoi occhi tradivano un’espressione annoiata e profondamente triste.
«Solo l’apparizione di un essere femminile poteva farti uscire dalla tua apatia» esclamò la vezzosa signorina con una punta di gelosia.
«Malvina, sembrerebbe che tu non mi conosca affatto, eppure…» le rispose il giovane uomo.
«Basta! Troppo tempo è passato ormai. I ricordi sbiadiscono, specialmente se fastidiosi. Però hai ragione, ti conosco abbastanza bene da non stupirmi più di niente.»
Marietta Furlan, meglio conosciuta come Malvina, era stata un’attrice di discreto successo che finì prematuramente i suoi giorni una sera d’inverno del 1754, pugnalata a tradimento nel suo camerino da uno dei suoi tanti amanti, reso pazzo dalla gelosia per l’ennesimo tradimento della ragazza, che non brillava certo per morigeratezza di costumi.
Malvina aveva conosciuto il giovane uomo in broccato abbastanza bene quando era in vita ma non ne conservava proprio un bel ricordo. Una cosa che l’accomunava a molte altre anime che, per un motivo o per un altro, avevano qualche conto in sospeso con quel personaggio seducente e affascinante che era stato Giacomo Casanova, veneziano, come usava firmarsi durante la sua lunga e travagliata esistenza.
«Sai bene che una bella fanciulla riscuote sempre il mio interesse» disse Casanova, avvicinandosi a sua volta alla vetrata.
Leni aveva il viso sollevato per osservare il palazzo che l’avrebbe ospitata ed un raggio di luna le inondava il volto di luce.
Casanova rimase gelato da quella visione, incapace di proferire parola. Fu solo una questione di pochi secondi ma la sua reazione non sfuggì a Malvina che rimase alquanto stupita.
«Bene, bene, a quanto pare sembra che la nuova arrivata sia degna di nota» commentò la leggiadra fanciulla, aleggiando a sua volta verso la finestra per guardare Leni.
«Ha dei bagagli» commentò appena la scorse, «forse viene a stabilirsi qui. Avrei senz’altro preferito un bel giovanotto ma sarà comunque interessante avere di nuovo qualcuno ad animare queste vecchie mura. Sono proprio curiosa di dare un’occhiata ai suoi vestiti.»
Malvina sembrava eccitata all’idea di avere una nuova compagnia.
«Vestiti che non ti potrai provare, povera Malvina» disse Adriano, con aria canzonatoria.
«Non c’è bisogno che me lo ricordi, carissimo» rispose la ragazza, «mi accontenterò di guardarli, ormai ci sono abituata. Oh! L’ho vista in volto! Giacomo, sembra, sembra…»
«Sembra bellissima, è vero» tagliò corto Casanova, riprendendo l’aria indifferente che lo contraddistingueva.
La risata cristallina di Bepi cambiò radicalmente l’atmosfera.
«Che c’è da ridere piccolo?» chiese Malvina, sorpresa.
«Venite a vedere, il sior Zuàn sta battagliando con i bauli della ragazza. C’è mancato poco che non cadesse nel canale per lo sforzo. E adesso se li dovrà tirare dietro per tre piani. Povero sior Zuàn, questa volta ci raggiungerà!»
Bepi non riusciva a trattenere l’ilarità.
Leni era costernata. Non aveva calcolato che, probabilmente, in quell’antico palazzo non ci sarebbe stato l’ascensore e quando vide arrivare il vecchio portiere si sentì sprofondare per l’imbarazzo. Era chiaro che né lei, né lui, sarebbero riusciti a trascinare le sue valigie su per le scale. Il signor Giovanni però, non si voleva arrendere così facilmente e dichiarò che ce l’avrebbe fatta.
Dopo venti minuti, finalmente, Leni e il signor Giovanni issarono la seconda valigia sull’ultimo scalino e raggiunsero la porta dell’appartamento.
«Qui ci sono le chiavi, signorina. Domani mattina arriverà la signora Rosalba che si occuperà delle pulizie.»
Il signor Giovanni, infine, ansimando ancora per lo sforzo, consegnò a Leni un mazzo di chiavi.
«Grazie mille, sono veramente dispiaciuta per le valigie.»
«Non c’è problema signorina, sono forte, sa?» rispose il portiere con un rantolo finale e, riprese le scale, se ne tornò a casa sua.
Leni, rimasta sola sul pianerottolo, iniziò ad armeggiare con le chiavi e, dopo un paio di tentativi, finalmente aprì la porta, trascinò dentro le sue cose e se la richiuse alle spalle.
La casa era immersa nel buio, illuminata solo dalla luce della luna che entrava dalle finestre. Rimase per un attimo ferma, respirando l’aria che sapeva d’antico, poi, sempre nella penombra, attraversò l’atrio e raggiunse il salone per assaporare in quel silenzio i suoi primi minuti veneziani.
«Ha il viso triste.»
Malvina la osservava da vicino.
«Forse è solo molto stanca» commentò Adriano, «chissà qual è il suo nome?»
Adriano Cortenuova, stella del cinema degli anni venti, meglio noto come Adriano Cortis, era stato ai suoi tempi un grande tombeur des femmes e vantava un numero di amanti da far invidia persino a Casanova che, in quel momento, invece, se ne stava in disparte senza partecipare ai convenevoli di benvenuto che gli altri fantasmi stavano riservando a Leni.
«È proprio bellina» sussurrò Adriano, mentre con la mano fece come per spostarle una ciocca di capelli dal viso. Ciocca che, naturalmente, rimase fermamente al suo posto.
Leni si avvicinò alla finestra, la spalancò e guardò incantata il Canal Grande che si stagliava, sotto ai suoi occhi, inondato di luci e di chiarore lunare.
“Questa casa è veramente bellissima” pensò, “e la posizione è eccezionale.”
Rimase ancora un po’ in ammirazione della fantastica vista, poi richiuse la finestra, accese le luci, e, con modi pratici e veloci, diede un’occhiata a tutta la casa prima di portare le valige in camera da letto.
«Coraggio!» disse ad alta voce, afferrando una delle due valigie per metterla sul letto.
«Ah!» esclamò.
La valigia le era scivolata e, per poco, non le aveva stritolato un piede.
«Va bene, hai vinto tu. Vorrà dire che ti lascerò per terra. Ecco fatto.»
Diede una spinta alla valigia, facendola cadere rumorosamente su un fianco.
«Ecco a cosa servivano valletti, camerieri e facchini!» esclamò Malvina, che aveva seguito con apprensione le manovre di Leni.
«Poi, noi saremmo ‘gli antichi’, quelli superati. Pfui, figuriamoci. Ai miei tempi una fanciulla non si sarebbe mai trovata in una situazione così, mai!» concluse, con convinzione, Malvina aprendo il suo ventaglio fantasma e sventolandosi con affettazione.
«Oh, se potessi avere indietro il mio corpo per qualche minuto» sospirò Adriano, avvicinandosi sempre di più a Leni.
«Allora, cosa faresti?»
Casanova si era improvvisamente rianimato e si era, a sua volta, avvicinato a Leni che, intanto, dopo aver aperto la valigia, stava lentamente iniziando a disfarla.
«Niente che non avresti fatto anche tu, mio caro. La ragazza è notevole. Certo, un po’ stanca in viso, ma sono sicuro che dopo una notte passata…»
«Con te, per caso?» lo interruppe Casanova con un tono alquanto sarcastico.
«E perché no? Con me, sissignore. Per tua norma e regola nessuna ha mai avuto di che lamentarsi del sottoscritto.»
«Adesso basta. È ridicolo che stiate ancora a punzecchiarvi. Siete morti, trapassati, ricordate?»
Malvina odiava sentire i due uomini vantarsi delle loro conquiste col gentil sesso. In fondo era un po’ gelosa, visto che era sempre stata l’unica donna della loro piccola famiglia di fantasmi. Doveva ammettere però che, benché Casanova fosse sempre stato il suo preferito, aveva avuto, fin dal momento del suo arrivo, un debole per Adriano, così diverso dagli uomini che aveva frequentato mentre era in vita.
«Di sicuro la ragazza è più interessante di quel professore di latino che stette qui per quattro anni, vi ricordate?»
«Direi proprio di sì, Malvina» le rispose Casanova che sembrava ipnotizzato dal volto di Leni.
«Starti vicino è una tortura ma non riesco già a farne a meno bellissima sconosciuta» sussurrò Casanova, vicinissimo al volto della ragazza.
«Guarda che è tutto inutile, non ti sente e non ti sentirà mai» intervenne Malvina, sempre più infastidita, «quindi puoi risparmiarci il tuo repertorio. Chissà a quante donne hai detto questa stessa identica frase. È proprio da te.»
Casanova le lanciò un’occhiataccia. Malvina però aveva ragione. Aveva talmente abusato di mille frasi ad effetto che queste, ormai, gli uscivano dalla bocca quasi da sole.
«Io non parlavo molto, invece» disse, con voce roca, Adriano, osservando Leni sempre più intensamente.
«Certo che non parlavi molto, eri abituato ai film muti.»
Bepi era riapparso tra loro.
«Bepi, dov’eri?» gli chiese Malvina.
«Cercavo il mio cappello.»
«L’hai trovato?»
«No.»
Il cappello del povero Bepi non era stato più trovato dopo che il bambino fu ripescato dalle gelide acque del Canale. Fu un orribile incidente.
«Se non trovo il cappello non posso andarmene. La mamma si arrabbierebbe troppo con me, si era tanto raccomandata. È costato caro, sapete?»
Bepi era diventato improvvisamente triste. Tutti si guardarono, consci che Bepi non aveva ancora capito che da lì non sarebbe mai più andato via.
«Non ci pensare adesso piccolo» cercò di consolarlo Malvina, «vedrai che prima o poi lo troverai. E poi, non si sta così male tra di noi, vero?»
«Sei proprio carina Malvina.»
Bepi le sorrise e sembrò dimenticare la sua pena. Poi scomparve di nuovo, per continuare la sua ricerca senza fine.
Nel frattempo, Leni, che stava svuotando la valigia, tirò fuori un magnifico abito da sera di chiffon nero, lo accarezzò leggermente e lo appese insieme agli altri.
«Morirei, per indossarlo almeno una volta» sussurrò Malvina cercando di toccarlo.
«Troppo tardi» le fece eco Adriano, «anche se è un vero peccato che tu non possa indossarlo perché sembra fatto apposta per te.»
«Tanta gentilezza da parte tua, Adriano, mi sorprende. Quindi, un po’ ti piaccio, non è vero?»
Malvina si era accostata al bel tenebroso che, per tutta risposta, tentò di baciarla col risultato deprimente che i loro visi si attraversarono reciprocamente.
«Odio essere morto!» esclamò inviperito Adriano scomparendo.
«Aspetta!»
In un soffio, anche Malvina sparì.

Copyright © 2016 Lisa Carboni

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